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I cani nel mondo delle investigazioni private

I cani visti da un cinofilo titolare di agenzia investigativa

In questi giorni si sottolinea l’utilità dei cani da salvataggio nel disastro del Ponte Morandi di Genova e si compiange Dajko, un labrador di 4 anni morto d’infarto dopo aver salvato 7 dispersi nel terremoto in Salvador. Io amo i cani e da decenni non mi sono mai fatto mancare uno o più pelosi in casa. Non li ho mai fatti “lavorare”, per mancanza di tempo e perché i miei cani sono per lo più “disagiati”, recuperati dalla strada o da canili.

Tuttavia come investigatore privato titolare di Agenzia investigativa sono ricorso spesso ai cani: grazie ai cani ho rintracciato persone scomparse, individuato le vie di fuga da scene del crimine, ricostruito percorsi e punti di appostamento di stalker, riconosciuto l’odore di chi aveva piazzato microspie o portato a termine sabotaggi, individuato autori di furti e ammanchi in azienda. Dalla mia esperienza posso ipotizzare che il povero Dajko sia morto per imperizia e insensibilità del suo conduttore, che l’ha fatto lavorare troppo senza pause per riposare e rifocillarsi.

Tutti i conduttori di cani da salvataggio o “molecolari”, che ho conosciuto nella mia Agenzia Investigativa, hanno un rapporto molto amichevole con i compagni di ricerca e non metterebbero mai a repentaglio le loro vite. Ma ciò che mi disturba, nonostante la oramai consolidata sensibilità dei conduttori verso i cani anche nei Corpi cinofili statali, sono i regolamenti di questi Corpi che considerando ciascun cane al pari di un paio di manette; sarebbe ora che i legislatori aggiornassero la loro sensibilità.